Cinque pezzi facili – Cronaca di un incontro Di Laura vecere

Estratto dal testo scritto da Laura Vecere in occasione della mostra Cinque Pezzi Facili, tenutasi nel 2009 presso la Galleria D’A Spazio d’Arte, Empoli


Cinque pezzi facili – Cronaca di un incontro
Di Laura vecere


Tra lo schermo e la lastra, si era stabilito un certo grado d’intercambiabilità. I due mezzi, alternati nell’uso, nel corso del tempo si erano sovrapposti e, quasi per innesto, fusi insieme concettualmente nella ricerca artistica di Stefano Tondo, tanto da apparire una costante. Sebbene i due campi d’indagine, lo schemo e la lastra, impongano limiti fisici e orientamenti visivi concettualmente differenti, non fosse altro perché l’uno è transitivo alla luce e alla visione (l’uso del vetro specchiante o della retroproiezione), mentre l’altra è intransitiva (la lastra di ottone lucidata che vibra appoggiata al muro), esse condividono tuttavia la condizione di superficie bidimensionale. Le prime lastre rettangolari in ottone erano la testimonianza di una forza pre-iconica dell’icona che agiva quale spinta primordiale e senza forma, vibrazione interna alla lastra. Gli schermi, invece, accoglievano la proiezione delle immagini del multiforme cangiantismo dell’io senziente e personale. Ciò non ha impedito che, all’occorrenza, alla Quadriennale di Roma (2008) la lastra divenisse schermo, soglia, specchio d’acqua, luogo della prima apparizione in superficie dell’immagine interna primordiale, poi ritrovata più nitida sulla parete alle spalle dell’osservatore. E’ in questa doppia direzione in cui s’intrecciano l’apparenza che si proietta e l’energia pre-formale che affiora dal fondo della superficie, che si possono leggere Orior I (Verbania 2005) e Orior II, ora in mostra. L’immagine è sostituita dal tendere alla forma della lastra. Le sagome di ottone, arrotondate e morbide dai bordi flessibili e tremuli, formano una costellazione a parete, che vibra risuonando, sorta di Sagra dela primavera visiva.

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